giovedì 16 luglio 2020

LIBRI CULTURA | PREMIO NAPOLI 2020: Annunciati i finalisti della 66° edizione




Premio Napoli 2020
Annunciati i finalisti della 66° edizione

 

Il Presidente Domenico Ciruzzi:
Consolidiamo il ruolo di riferimento per la divulgazione della cultura italiana

 

 

 

Selezionati i nove finalisti della 66esima edizione del Premio Napoli, storico riconoscimento del panorama letterario nazionale. La giuria tecnica presieduta dall'avvocato Domenico Ciruzzi, presidente della Fondazione Premio Napoli, ha indicato le terne finaliste per le tre categorie "Narrativa", "Poesia" e "Saggistica".

 

Per la sezione "Saggistica" sono stati selezionati: Sarah Gainsforth, Airbnb città merce (DeriveApprodi), Luciano Mecacci, Besprizornye (Adelphi), Davide Sisto, Ricordati di me (Bollati Boringhieri).


Per la sezione "Poesia": Igor Esposito, La memoria gatta (MagMata), Tommaso Giartosio, Come sarei felice (Einaudi), Cesare Viviani, Ora tocca all'imperfetto (Einaudi).


Per la "Narrativa": Valeria Parrella, Almarina (Einaudi), Remo Rapino, Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (Minimum Fax), Igiaba Scego, La linea del colore (Bompiani)

 

I nomi dei candidati sono stati annunciati dallo stesso presidente stamattina, 15 luglio, nel corso della conferenza stampa tenuta nella sede della Fondazione, all'interno di Palazzo Reale. I finalisti sono stati scelti tra 101 libri che si sono candidati quest'anno al Premio Napoli, di cui 49 per la sezione narrativa, 17 per la sezione poesia e 35 per la sezione saggistica.

A decretare i vincitori del Premio Napoli per ciascuna categoria sarà poi la giuria popolare. Saranno infatti gli stessi lettori chiamati a leggere e votare tra i libri finalisti. Distribuiti tra Napoli e provincia, tra scuole e anche nelle strutture carcerarie di Secondigliano e Poggioreale, i comitati di lettura sono motore trainante del Premio e rappresentano una rete di divulgazione letteraria in perenne espansione.

I riconoscimenti saranno consegnati nel corso della consueta cerimonia che si svolgerà a dicembre al Teatro Mercadante.


"Nonostante la pandemia e il lungo periodo di lockdown – ha affermato Domenico Ciruzzi, presidente della Fondazione Premio Napoli – abbiamo continuato a lavorare per consolidare il ruolo della Fondazione quale laboratorio di sperimentazione e di riflessione culturale. attraverso attività divenute patrimonio comune della città e dei napoletani. Abbiamo infatti cercato di trasformare il momento di difficoltà anche in un'opportunità. La cultura non deve essere considerata un'arma di distrazione di massa ma deve affinare la sensibilità educando alla bellezza e produrre inquietudine."




I FINALISTI PREMIO NAPOLI 2020


SEZIONE "SAGGISTICA"

Sarah Gainsforth, Airbnb città merce (DeriveApprodi)

Luciano Mecacci, Besprizornye (Adelphi)

Davide Sisto, Ricordati di me (Bollati Boringhieri)


SEZIONE "POESIA"

Igor Esposito, La memoria gatta (MagMata)

Tommaso Giartosio, Come sarei felice (Einaudi)

Cesare Viviani, Ora tocca all'imperfetto (Einaudi)


SEZIONE "NARRATIVA"

Valeria Parrella, Almarina (Einaudi)

Remo Rapino, Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (Minimum Fax)

Igiaba Scego, La linea del colore (Bompiani)





I PREMI SPECIALI E LA GIURIA TECNICA

Alle tre sezioni votate dai giudici lettori si affiancheranno le categorie speciali: "Internazionale" e "Cultura" cui si aggiunge il premio "Napoletani Illustri" e quello "Scrittori per l'Europa". In queste categorie a indicare i vincitori sarà soltanto la giuria tecnica presieduta da Domenico Ciruzzi e formata da quindici membri: gli scrittori Wanda Marasco, Lorenzo Marone e Antonella Cilento, l'autore e critico televisivo Stefano Balassone, lo sceneggiatore e regista Maurizio Braucci, i giornalisti Antonio Gnoli e Antonio Tricomi, i giuristi Alfredo Guardiano e Sergio Moccia, il medico e poeta Eugenio Lucrezi.

Diversi i docenti universitari in giuria: Chiara Ghidini (Università L'Orientale di Napoli), Massimo Fusillo (Università degli Studi dell'Aquila), Bruno Moroncini (Università degli Studi di Salerno), Ermanno Paccagnini (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), Matteo Palumbo (Università di Napoli Federico II), Monica Ruocco (Università L'Orientale di Napoli), Pasquale Sabbatino (Università di Napoli Federico II) e Paola Villani (Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa).


LA GIURIA POPOLARE

La diffusione capillare dei comitati di lettura, distribuiti su territorio cittadino, regionale e nazionale, nelle strutture carcerarie di Secondigliano e Poggioreale, sono motore trainante e costituente una rete di divulgazione letteraria in perenne espansione. I gruppi di lettura sono interlocutori privilegiati nella programmazione culturale del Premio Napoli, con una vasta maggioranza di studenti delle scuole superiori, distribuite tra il centro e la periferia cittadina.

Il compito del giudice lettore consiste nel ritirare i libri della sezione prescelta nella sede della Fondazione Premio Napoli. Ha l'obbligo di leggerli e di assegnare via web un singolo voto per uno dei testi finalisti. È possibile esprimere la propria preferenza anche recandosi nella sede della Fondazione e accedendo alla modalità di votazione elettronica assistita. I giudici lettori, inoltre, possono partecipare agli incontri con gli autori e ad altri eventi organizzati dalla Fondazione, nonché farsi promotori di idee e progetti da sottoporre per la valorizzazione della lettura e delle iniziative culturali.

Ogni giudice lettore ha avuto la facoltà di iscriversi per una sola sezione: "Narrativa", "Poesia" o "Saggistica".


LA STORIA E LE ATTIVITÀ SOCIAL DEL PREMIO NAPOLI

Nato nel 1954, il Premio Napoli ha insignito prestigiosi autori della storia culturale contemporanea. Costituisce un unicum nel panorama culturale italiano, sia perché, a differenza di altri riconoscimenti promossi da privati, è promosso da una Fondazione costituita da soggetti pubblici (Comune di Napoli, Regione Campania, Città metropolitana, Camera di Commercio), sia perché animato da migliaia di "giudici lettori".

Per coinvolgere un pubblico sempre più social, la Fondazione ha attivato i canali Facebook (che conta più di 6mila iscritti), Twitter (l'hashtag ufficiale è #PremioNapoli), YouTube, InstagramTelegramLinkedIn e Goodreads, il social network dedicato ai libri. La Fondazione si avvale anche della collaborazione di una vasta rete di bookblogger e booktuber con progetti quali "Blogger leggono il Premio Napoli".







I FINALISTI DELLA SEZIONE "SAGGISTICA"


Sarah Gainsforth, Airbnb città merce (DeriveApprodi)


Airbnb ha contribuito a trasformare le principali città del mondo in parchi a tema per turisti e resort per ricchi.

Questo libro mostra come uno dei protagonisti del cosiddetto «capitalismo digitale o delle piattaforme» – Airbnb – abbia invece ricadute concrete e devastanti sul piano dello spazio urbano, dell'abitare e della vita nella città.

Airbnb è infatti uno strumento tecnologico potente che alimenta un enorme processo di trasformazione sociale: da San Francisco a New York, da Lisbona a Roma, la turistizzazione delle città produce l'espulsione di residenti e attività a favore di un turismo di transito basato sul consumo, con il conseguente stravolgimento della vita sociale, economica, relazionale, affettiva che da sempre accompagna l'abitare metropolitano.

La dimensione della comunità, del vicinato e della relazione scompare per lasciare posto a un capitalismo immobiliare e della rendita di nuovo tipo. Airbnb città merce racconta alcuni casi esemplari di questo processo, ma anche, soprattutto, i nuovi movimenti sociali che insorgono contro la gentrificazione digitale delle città.



Luciano Mecacci, Besprizornye (Adelphi)


Tra gli orrori di cui la storia del Novecento è stata prodiga, pochi sono paragonabili alla condizione dei besprizornye, come venivano chiamati nella Russia postrivoluzionaria gli innumerevoli bambini e ragazzini rimasti orfani in seguito alla guerra, alla guerra civile o alla carestia. Stimati tra i sei e i sette milioni nel 1922, sporchi, vestiti di stracci, vagavano da soli o in gruppi per le città e le campagne in cerca di cibo, spostandosi nel paese aggrappati alle balestre sotto i vagoni dei treni, trovando riparo dal gelo negli scantinati delle stazioni o dentro i cassonetti, spinti dalla fame a un crescendo di aggressività e violenza che arrivava fino al cannibalismo. Né potevano offrire un'alternativa a quella vita gli orfanotrofi pubblici: strutture, in tutto simili ai lager dove bambini scheletrici giacevano ammassati in condizioni spaventose. E se negli anni Venti il problema viene studiato sul piano sociale, politico, giudiziario, psicologico ed educativo, in seguito saranno imposti il silenzio e la censura da parte di uno Stato che non può certo ammettere un simile sfacelo nel 'paradiso' della società sovietica. Negli ultimi trent'anni il fenomeno è tornato oggetto di analisi e rigorose ricerche storiche. Ma solo Luciano Mecacci è riuscito, grazie a testimonianze dirette e documenti dell'epoca spesso trascurati, a offrirne una ricostruzione completa anche dall'interno, calandosi – e calandoci – nell'abisso umano dei protagonisti di vicende che possono sembrare, oggi, semplicemente inverosimili.





Davide Sisto, Ricordati di me (Bollati Boringhieri)


Ecco che si avvicinano gli ultimi giorni di dicembre e puntualmente Facebook ci propone un video, colorato e un po' pacchiano, che si intitola «Il tuo anno su Facebook». Dura circa un minuto, e vi si alternano le immagini e i post che nei dodici mesi trascorsi hanno ricevuto il maggior numero di like e commenti. Alla fine del video leggiamo: «A volte, uno sguardo al passato ci aiuta a ricordare quali sono le cose più importanti. Grazie di esserci!». 

Proprio questo sguardo al passato – su cui sempre di più si concentrano i social network – offre a Davide Sisto lo spunto per riflettere su come cambia nell'era digitale il nostro rapporto con la memoria e l'oblio. Il passato non esiste realmente: è solo una storia che raccontiamo a noi stessi. Ma cosa succede quando questa storia la raccontiamo non solo a noi ma anche ai nostri follower, registrandola, insieme ad altri milioni di utenti, all'interno dei nostri profili social e sul web, rendendola consultabile per sempre? I social network stanno diventando degli enormi archivi digitali, a partire dai quali è possibile costruire una grande autobiografia culturale collettiva, in cui ciascuno contribuisce con parole e immagini a delineare tanto il proprio profilo biografico quanto quello degli altri, plasmando insieme la memoria personale e quella collettiva. 



I FINALISTI DELLA SEZIONE "POESIA"


Igor Esposito, La memoria gatta (MagMata)


"Amo il diverso perché non è mai uguale al mio sale. Amo chi sa ascoltare l'oscurità del male e senza l'elettrica luce della sera amo scavare dentro il mio, il tuo, il nostro buio. Amo chi scrisse: amo d'un amore immutabile e fedele. Amo dissipare il verbo amare, amo giocare e più infinitamente guardare il mare." Prefazione di Elio Pecora. Con una lettera di Laura Betti.




Tommaso Giartosio, Come sarei felice (Einaudi)


La raccolta poetica di Tommaso Giartosio è una mappa autobiografica che indaga i legami sotterranei fra le generazioni e le epoche, interrogandosi su come si formano le linee di un destino. È un percorso in due tappe. La prima genealogica, dedicata al padre, un ufficiale di marina ormai scomparso ma presenza continua e pressante anche da morto; un rapporto fatto di vuoti da colmare, di ricordi, di sogni soprattutto, e di eros. Le poesie della seconda parte costituiscono un romanzo di formazione e d'amore. Riannodando i fili di viaggi giovanili, di paure e desideri di quell'età di passaggio, l'autore sperimenta stili e scritture per costruirsi un'identità di uomo e di poeta. Ma l'amore arriva con la maturità, la fa esplodere in tutti i sensi, ne mette in crisi gli equilibri faticosamente raggiunti.



Cesare Viviani, Ora tocca all'imperfetto (Einaudi)


Nell'ampio e prestigioso percorso di Viviani, varie fasi si sono susseguite, anche con evidenti diversità formali ma con una sotterranea, fortissima coerenza, che significava soprattutto desiderio di bellezza, di eticità, di esattezza. L'imperfezione di cui si parla nel nuovo libro è una condizione «tra», sempre in bilico tra due opposti. Tra la giovinezza e il tempo della fine, tra l'amore e la rinuncia, tra il ruggito dell'animale feroce e il trofeo appeso sopra il camino, tra la luce e il buio, tra il noto e l'ignoto, tra il futuro e il passato. Anche la ricerca di una salvezza dall'incombere del tempo e dal non senso che da lí si sprigiona passa per poli opposti: protezione chiesta da un lato agli avi e ai reperti archeologici, dall'altro alla continuità dei discendenti e alla vitalità dei bambini. Simbolo di questa età fragile, che è una condizione esistenziale ancor piú che una congiuntura anagrafica (semmai gli anni permettono di percepirla meglio), è un cancelletto spinto dal vento. In queste tremule oscillazioni sta la piú vera natura di ciò che è umano, ben lontano da qualsiasi idea di perfezione. Certo, fare i conti col tempo, quando il tempo si riduce, è piú doloroso: soprattutto non c'è piú spazio per illusioni di nessun tipo. Nemmeno per quelle estetiche. Il libro di Viviani ha il passo poetico di un percorso nella verità.


I FINALISTI DELLA SEZIONE "NARRATIVA"


Valeria Parrella, Almarina (Einaudi)


Esiste un'isola nel Mediterraneo dove i ragazzi non scendono mai a mare. Ormeggiata come un vascello, Nisida è un carcere sull'acqua, ed è lí che Elisabetta Maiorano insegna matematica a un gruppo di giovani detenuti. Ha cinquant'anni, vive sola, e ogni giorno una guardia le apre il cancello chiudendo Napoli alle spalle: in quella piccola aula senza sbarre lei prova a imbastire il futuro. Ma in classe un giorno arriva Almarina, allora la luce cambia e illumina un nuovo orizzonte. Il labirinto inestricabile della burocrazia, i lutti inaspettati, le notti insonni, rivelano l'altra loro possibilità: essere un punto di partenza. Nella speranza che un giorno, quando questi ragazzi avranno scontato la loro pena, ci siano nuove pagine da riempire, bianche «come il bucato steso alle terrazze». Questo romanzo limpido e intenso forse è una piccola storia d'amore, forse una grande lezione sulla possibilità di non fermarsi. Di espiare, dimenticare, ricominciare. «Vederli andare via è la cosa piú difficile, perché: dove andranno. Sono ancora cosí piccoli, e torneranno da dove sono venuti, e dove sono venuti è il motivo per cui stanno qui».



Remo Rapino, Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (Minimum Fax)


Il Liborio Bonfiglio è una cocciamatte, il pazzo che tutti scherniscono e che si aggira strambo e irregolare sui lastroni di basalto di un paese che non viene mai nominato. Eppure nella sua voce sgarbugliata il Novecento torna a sfilare davanti ai nostri occhi con il ritmo travolgente e festoso di una processione con banda musicale al seguito.

Perché tutto in Liborio si fa racconto, parola, capriola e ricordo: la scuola, l'apprendistato in una barberia, le case chiuse, la guerra e la Resistenza, il lavoro in fabbrica, il sindacato, il manicomio, la solitudine della vecchiaia.

A popolare la sua memoria, una galleria di personaggi indimenticabili: il maestro Romeo Cianfarra, donn'Assunta la maitressa, l'amore di gioventù Teresa Giordani, gli amici operai della Ducati, il dottore Alvise Mattolini, Teté e la Sordicchia... Dal 1926, anno in cui viene al mondo, al 2010, anno in cui si appresta a uscire di scena, Liborio celebrerà, in una cronaca esilarante e malinconica di fallimenti e rivincite, il carnevale di questo secolo, i suoi segni neri, ma anche tutta la sua follia e il suo coraggio.

Attraverso il miracolo di una lingua imprevedibile, storta e circolare, a metà tra tradizione e funambolismo, Remo Rapino ha scritto un romanzo che diverte e commuove, e pulsa in ogni rigo di una fragile ma ostinata umanità, quella che soltanto un matto come Liborio, vissuto ai margini, tra tanti sogni andati al macero e parole perdute, poteva conservare.




Igiaba Scego, La linea del colore (Bompiani)


Quanti di noi scendendo oggi da un treno a Roma Termini ricordano i Cinquecento cui è dedicata la piazza antistante la stazione? È il febbraio del 1887 quando in Italia giunge la notizia: a Dògali, in Eritrea, cinquecento soldati italiani sono stati uccisi dalle truppe etiopi che cercano di contrastarne le mire coloniali. Un'ondata di sdegno invade la città. In quel momento Lafanu Brown sta rientrando dalla sua passeggiata: è una pittrice americana da anni cittadina di Roma e la sua pelle è nera. Su di lei si riversa la rabbia della folla, finché un uomo la porta in salvo. È a lui che Lafanu decide di raccontarsi: la nascita in una tribù indiana Chippewa, lo straniero dalla pelle scurissima che amò sua madre e scomparve, la donna che le permise di studiare ma la considerò un'ingrata, l'abolizionismo e la violenza, l'incontro con la sua mentore Lizzie Manson, fino alla grande scelta di salire su un piroscafo diretta verso l'Europa, in un Grand Tour alla ricerca della bellezza e dell'indipendenza. Nella figura di Lafanu si uniscono le vite di due donne afrodiscendenti realmente esistite: la scultrice Edmonia Lewis e l'ostetrica e attivista Sarah Parker Remond, giunte in Italia dagli Stati Uniti dove fino alla guerra civile i neri non erano nemmeno considerati cittadini. A Lafanu si affianca Leila, ragazza di oggi, che tesse fili tra il passato e il destino suo e delle cugine rimaste in Africa e studia il tòpos dello schiavo nero incatenato presente in tante opere d'arte. Igiaba Scego scrive in queste pagine un romanzo di formazione dalle tonalità ottocentesche nel quale innesta vivide schegge di testimonianza sul presente, e ci racconta di un mondo nel quale almeno sulla carta tutti erano liberi di viaggiare: perché fare memoria della storia è sempre il primo passo verso il futuro che vogliamo costruire.

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Stelline