Studi su Matteo di Capua principe di Conca
Arti e lettere a Napoli tra Cinque e Seicento:
Matteo di Capua, conte di Palena e II Principe di Conca, Grande Ammiraglio del Regno di Napoli (1568-1607), fu il più munifico patrono delle arti e delle lettere a Napoli al passaggio tra il Cinque e il Seicento. Al suo servizio furono, uno dopo l'altro, l'anziano Torquato Tasso e il giovane Giovan Battista Marino, insieme ad uno stuolo di artisti, letterati, artigiani, scienziati e uomini di cultura. Il suo palazzo napoletano è stato spesso ricordato come dimora dei due grandi poeti, o per le conversazioni che lì si svolsero,
che portarono al processo per eresia per il celebre matematico Colantonio Stigliola.
Le sue collezioni di opere d'arte, ricchissime di opere attribuite a Raffaello, Tiziano, Andrea del Sarto ecc., sono sempre ricordate tra le più importanti a Napoli: esaltate dalle fonti coeve, da Tommaso Costo a Giulio Cesare Capaccio, assursero a ruolo di protagonista nelle Vite di Bernardo De Dominici, dove sono spesso ricordate (senza alcun fondamento) come il luogo in cui i pittori napoletani del Seicento avrebbero completato al loro formazione figurativa, davanti a illustri esempi 'classici'. A dispetto del fatto che già alla fine dell'Ottocento se ne conoscessero gli inventari, la loro consistenza e la loro storia reale non erano mai state indagate.
Arti e lettere a Napoli tra Cinque e Seicento:
Matteo di Capua, conte di Palena e II Principe di Conca, Grande Ammiraglio del Regno di Napoli (1568-1607), fu il più munifico patrono delle arti e delle lettere a Napoli al passaggio tra il Cinque e il Seicento. Al suo servizio furono, uno dopo l'altro, l'anziano Torquato Tasso e il giovane Giovan Battista Marino, insieme ad uno stuolo di artisti, letterati, artigiani, scienziati e uomini di cultura. Il suo palazzo napoletano è stato spesso ricordato come dimora dei due grandi poeti, o per le conversazioni che lì si svolsero,
che portarono al processo per eresia per il celebre matematico Colantonio Stigliola.
Le sue collezioni di opere d'arte, ricchissime di opere attribuite a Raffaello, Tiziano, Andrea del Sarto ecc., sono sempre ricordate tra le più importanti a Napoli: esaltate dalle fonti coeve, da Tommaso Costo a Giulio Cesare Capaccio, assursero a ruolo di protagonista nelle Vite di Bernardo De Dominici, dove sono spesso ricordate (senza alcun fondamento) come il luogo in cui i pittori napoletani del Seicento avrebbero completato al loro formazione figurativa, davanti a illustri esempi 'classici'. A dispetto del fatto che già alla fine dell'Ottocento se ne conoscessero gli inventari, la loro consistenza e la loro storia reale non erano mai state indagate.
La vicenda del principe, della sua famiglia, della sua corte, delle sue residenze di Conca, Caiazzo, Napoli e Vico Equense, delle sue collezioni era pertanto allo stesso tempo famosa e ignota. La ricchissima documentazione ritrovata e i saggi contenuti nel volume, in cui si confrontano storici della società, dell'architettura, delle arti antiche e moderne, della letteratura, della musica e del libro permettono di indagarne per la prima volta la breve storia, la formazione, la consistenza, la dispersione, il ruolo come punto di incontro tra le arti, le scienze e le lettere.
Andrea Zezza insegna storia dell'arte moderna presso l'Università della Campania Luigi Vanvitelli. Per Officina Libraria ha pubblicato nel 2017 il volume Bernardo De Dominici e le Vite degli artisti napoletani. Geniale imbroglione o conoscitore rigoroso?



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