mercoledì 28 aprile 2021

TEATRO: STABILE DEL VENETO TORNA DAL VIVO CON IL DEBUTTO DI TRITTICO DANTESCO


 

IL TEATRO STABILE DEL VENETO TORNA DAL VIVO CON IL DEBUTTO DI TRITTICO DANTESCO

 

La nuova produzione diretta dal regista Fabrizio Arcuri e in scena dal 5 maggio al Teatro Maddalene di Padova è un'originale riscrittura delle tre cantiche della Divina commedia firmata dai drammaturghi Fausto Paradivino, Letizia Russo e Fabrizio Sinisi, con le musiche di Giulio Ragno Favero

 

Nella rivisitazione dell'inferno Dante è una donna che attraversa il proprio passato, il purgatorio diventa un luogo del presente dove si assiste a una crisi della cultura occidentale, e il paradiso un futuro prossimo in cui si sono avverate tutte le profezie sul clima e sulla tecnologia.

 

Da mercoledì 5 maggio in scena un inferno, dal 12 maggio un purgatorio, dal 19 maggio un paradiso, con gli attori della Compagnia Giovani del Teatro Stabile del Veneto.

 

Dopo mesi di attività online e palcoscenici virtuali anche il Teatro Stabile del Veneto riprende la programmazione dal vivo con Trittico Dantesco, la nuova produzione che debutta mercoledì 5 maggio (ore 19.00) al Teatro Maddalene di Padova. Il progetto composto da tre spettacoli è una riscrittura delle Cantiche della Divina Commedia, affidata a tre tra i più interessanti drammaturghi contemporanei italiani, Fausto Paravidino autore di un inferno, Letizia Russo che ha scritto un purgatorio e Fabrizio Sinisi firma di un paradiso, diretta dal regista Fabrizio Arcuri e arricchita dalle musiche originali di Giulio Ragno Favero, ex bassista del gruppo Teatro Degli Orrori.

 

Un'impresa iniziata con un lavoro di composizione durato circa sei mesi e approfondito nel corso di tre seminari di perfezionamento aperti a giovani drammaturghi provenienti dall'intera penisola, ai quali è stata offerta la possibilità di penetrare i significati e la struttura della Commedia. Terminato il processo compositivo, nel gennaio 2021 al Teatro Maddalene di Padova sono iniziate le prove dirette da Fabrizio Arcuri con gli attori della Compagnia Giovani del Teatro Stabile del Veneto, selezionati tra coloro che si sono diplomati negli ultimi anni presso l'Accademia Teatrale Carlo Goldoni nell'ambito del Modello TeSeO Veneto – Teatro Scuola e Occupazione. Lo spettacolo rientra tra le iniziative di Visioni di Dante un programma ideato dal Teatro Stabile del Veneto con Fabrizio Arcuri e selezionato dal Progetto del MiBACT Dante 2021 - Comitato nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri.

 

Lo spettacolo

Il trittico prende spunto da Dante per riflettere sulla fine del pensiero occidentale e sulla confusione di cui siamo vittime. Una sorta di storia dell'occidente colta al suo apice un momento prima del tracollo, quello che in fondo rappresenta la Divina Commedia per il Medioevo. Le tre riscritture lavorano confrontandosi strutturalmente con l'opera guida e costruiscono tre viaggi possibili affrontando la memoria come identità per un inferno, la crisi degli intellettuali e ruolo della cultura per un purgatorio e la ricerca del desiderio come forma politica per un paradiso.

 

Note di regia

Trittico Dantesco nasce fin dall'inizio con l'idea di rintracciare all'interno della Divina Commedia i motivi principali e il contesto entro cui Dante ha inscritto la sua opera. Riferirsi alla Commedia oggi significa in primo luogo individuare un contesto, un mondo di riferimento, che sia adeguato alla nostra vita e che abbia la stessa presenza e la stessa forza che la religione aveva nel testo del poeta. Ma significa anche individuare quali sono i motivi principali che muovono le persone e le nostre società.

Per qualche motivo siamo portati a pensare che il mondo attuale sia più complesso e più stratificato e che sopporti malamente le semplificazioni. Tuttavia il desiderio, e quindi la ricerca del piacere, sono ancora motori importanti per la vita di tutti noi, e su questo agisce la politica e l'economia.

Spesso siamo spinti, direi quasi costretti, a desiderare cose di cui non abbiamo veramente bisogno e che sono il frutto di un immaginario costruito al fine di farcele desiderare, allontanandoci in qualche modo da quelli che sono i nostri veri desideri.

Se il teatro può ancora avere senso nella nostra contemporaneità, forse questo va rintracciato proprio nella possibilità di prendersi cura dell'immaginario delle collettività, nel tentativo costante di mostrarlo nella sua innata prismaticità e in tutta la sua complessità, senza alcun bisogno di costringerlo entro confini rassicuranti, compito della pubblicità e del marketing.

In un inferno scritto da Fausto Paravidino una donna prende atto del modo in cui ha deciso di ricordare gli eventi che compongono il suo passato.  Si cerca. Tutto ciò che accade in genere viene come riorganizzato e narrato a vantaggio della persona che vogliamo essere o che crediamo di essere, e spesso omettiamo o modifichiamo i ricordi in funzione di questo. La memoria è il principio post-psicanalitico della nostra identità e la narrazione è il territorio in cui si stratifica la nostra identità. Questo potrebbe valere anche per la storia con la S maiuscola, la società ricorda determinati autori e certe imprese in funzione della narrazione dominante e trascura episodi e personaggi che non concorrono alla strutturazione della memoria, e quindi all'identità che si è deciso di conservare e tramandare.

In un purgatorio scritto da Letizia Russo ci si trova in uno stato invaso da forze militari, una di quelle vicende che potrebbero collocarsi tra la guerra in Bosnia o in qualche territorio del Medio oriente dove le Forze della Pace esercitano l'esportazione di democrazia. Una donna e una morta si confrontano sulle conseguenze delle loro scelte, sul loro attivismo e sulla dignità. Due sciacalli le derubano e si appropriano di tutti i loro averi. Nel Purgatorio, Dante incontra Stazio e questo gli dà motivo di iniziare una lunga riflessione sul ruolo della poesia e degli intellettuali e sul coraggio delle proprie scelte.

Se l'inferno è la riorganizzazione del passato, il purgatorio in qualche modo riflette il nostro presente dove gli intellettuali usano la Cultura a proprio vantaggio personale e non per la sua capacità di eversione, facendole perdere peso e ruolo nella Società, un paradiso – scritto da Fabrizio Sinisi - è una specie di futuro, di presente avanzato in cui si sono avverate tutte le profezie sul clima e sulla tecnologia. La scienza ci regala frontiere verso l'immortalità e diventa un dio regolato da algoritmi che controllano tutto.

 

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Stelline