Cuori a Kabul. Poesie per l'Afghanistan,
a cura di Pietro Fratta
prefazione di Susanna Camusso
Pagine 198, 15 euro, Graphe.it, dal 26 settembre in libreria
Il ricavato delle vendite del libro sarà destinato a emergency
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Pochi italiani ormai conservano ricordi diretti di cosa significhi davvero la guerra, l'oppressione, la disperazione che ne consegue; ma l'idea risuona in noi con un'eco ugualmente minacciosa, perché è cosa anche della nostra storia, e di quella dell'umanità intera. C'è chi si pacifica pensando: «Per fortuna l'Afghanistan è lontano»; in molti invece sorge immediata la più urgente delle domande: che cosa possiamo fare?
Se le parole, come si dice, sono cose, allora una cosa che possiamo fare è parlare. In versi, nello specifico: ai toni monocromi della guerra si possono opporre le sfumature della poesia, un mezzo universale che permette di allargare lo sguardo e la gamma delle percezioni, e aiuta a comprendere, condividere, esprimerci come umani fra umani.
Ciò che passa di bocca in bocca sarà dunque la voce tremante di un canto poetico che nelle sillabe più dolenti celebra la speranza, la pace e la fiducia nel futuro. E ha un nome: Ghazal. Così è stata chiamata la prima bambina nata in Italia dopo la fuga della madre da Kabul; nella nostra lingua significa "poesia".
PIETRO FRATTA vive e lavora a Pesaro. Ideatore del laboratorio poetico di www.ScriverePoesia.it, ha pubblicato alcuni romanzi e un paio di raccolte
di poesie.
Il ricavato delle vendite del libro sarà destinato a emergency, che è presente in Afghanistan dal 1999 e ha curato più di sette milioni di persone nei suoi ospedali a Kabul, Lashkar-gah e Anabah.
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Stelline