lunedì 1 settembre 2025

Carriere umanistiche e digitale: la nuova identità dell’arte

La rivincita delle lauree umanistiche: arte e digitale si incontrano, per un dialogo che sa di futuro


Dall'83,8% di occupati nel campo delle scienze umane digitali al boom delle startup culturali: così le carriere umanistiche si reinventano tra digitale, arte e nuove professioni


"Una laurea umanistica è poco richiesta nel mondo del lavoro." Un'affermazione spesso usata con tono ironico, che riflette lo stereotipo di scarse opportunità per chi sceglie percorsi di studi umanistici. Se un tempo poteva sembrare una preoccupazione fondata, oggi appare sempre più superata e distante dalla realtà.


Nell'ultimo anno, sempre più giovani scelgono di intraprendere carriere umanistiche e artistiche, sfidando lo stereotipo della laurea "inutile". I dati dell'Anagrafe degli studenti universitari hanno evidenziato questa maggiore attrattiva per i corsi di arte e design, rilevando una crescita di iscritti per l'anno accademico 2024/2025.


Chi ha una formazione umanistica oggi può reinventarsi e trovare lavoro anche in settori che un tempo sembravano impossibili. I numeri parlano chiaro: secondo l'ISTAT, il 75,9% dei laureati in discipline umanistiche tra i 25 e i 64 anni ha un'occupazione.


Avere una laurea umanistica si traduce in un vantaggio: le soft skills che sviluppa (pensiero critico, capacità comunicative, visione strategica) sono sempre più richieste. Questo si traduce in nuove professioni ibride che fondono cultura e digitale.


Sempre più startup scelgono la cultura come terreno per innovare


Impara l'arte e mettila a servizio delle nuove tecnologie. In Italia il mondo delle startup si sta dimostrando terreno fertile per l'innovazione culturale. Sempre più realtà emergenti decidono di puntare sull'arte, incrociando creatività e strategia.

Nel periodo 2019-2023, le startup innovative in Italia sono aumentate quasi del 23%. Fra queste, molte hanno scelto di costruire strategie digitali attorno a progetti culturali per raccontare il patrimonio in modo contemporaneo. Progetti che raccontano il presente attraverso il linguaggio dell'arte e che utilizzano strumenti contemporanei, dai social media alla realtà aumentata, per rendere la cultura più accessibile e partecipata.


In questo contesto si inserisce Zero Contenuti, agenzia di content marketing specializzata in arte e cultura, che valorizza progetti creativi attraverso strategie editoriali mirate. L'idea nasce dall'intuizione di un vuoto nel mercato italiano. Realtà culturali come musei, gallerie, fondazioni, ma anche docenti possiedono un patrimonio culturale enorme, ma non sanno come raccontarlo e raccontarsi online sfruttando le nuove tecnologie.


L'obiettivo dell'agenzia è proprio questo: dare forma e strategia a chi opera nel settore culturale, senza tradirne l'identità storica, diventando un ponte fra linguaggio dell'arte e linguaggio digitale. Ogni progetto viene cucito su misura, in quello che è a tutti gli effetti un laboratorio narrativo per il settore culturale, dove i contenuti testuali e audiovisivi, raccontano storie e coinvolgono gli utenti, attraverso il digitale ma con un approccio il più umano possibile. L'idea è di espandere la narrazione del patrimonio artistico senza semplificarlo, mostrando il potenziale creativo delle Digital Humanities.


"Zero Contenuti nasce per rispondere a un'esigenza concreta: comunicare l'arte in modo accessibile e contemporaneo, senza tradire la profondità dei contenuti. Sentivamo la mancanza di un linguaggio capace di valorizzare il patrimonio culturale con semplicità, ma senza semplificazioni, integrando creatività e strumenti digitali. Il nostro obiettivo è dimostrare che una formazione umanistica può diventare impresa, coniugando sensibilità culturale e strategie professionali." spiega Flavia Scerbo Iose, founder e CEO di Zero Contenuti.


La digitalizzazione entra nel mondo dell'arte


Secondo l'ultimo report di ICOM, la digitalizzazione museale in Italia ha registrato un'importante accelerazione, favorita anche dagli investimenti del PNRR. Sempre più istituzioni culturali si stanno dotando di strumenti innovativi: dall'intelligenza artificiale alla realtà aumentata, dal data storytelling alla progettazione di esperienze immersive, il digitale è diventato parte integrante delle strategie di valorizzazione del patrimonio.


Tuttavia, questi progetti spesso si scontrano con l'assenza di una visione strutturata e di personale adeguatamente formato. I principali ostacoli restano la carenza di competenze interne, la mancanza di fondi continuativi e la scarsa interoperabilità tra sistemi e piattaforme.


In questo contesto in evoluzione, prende forma una nuova direzione culturale, orientata a integrare contenuti, pubblico e tecnologia in modo sinergico, per restituire al digitale la sua dimensione più profonda e relazionale.

Le professioni del futuro: le sfide delle Digital Humanities

È proprio in questo scenario che trovano spazio le Digital Humanities, un ambito sempre più centrale che combina saperi umanistici e competenze digitali per affrontare le nuove sfide del settore culturale.


Nel nuovo ecosistema della cultura, la domanda non è più soltanto "che cosa raccontare?", ma soprattutto "chi è in grado di raccontarlo?". Le Digital Humanities offrono risposte concrete, rinnovando le modalità con cui si trasmettono, interpretano e valorizzano i contenuti culturali.


E anche il mercato parla chiaro, con l'83,8% dei laureati in Digital Humanities trova occupazione dopo gli studi, a conferma che queste competenze non solo sono richieste, ma strategiche per il futuro del lavoro culturale.


Nascono così nuove figure ibride, in grado di coniugare cultura e tecnologia: digital content curator, esperti in comunicazione culturale, archivisti digitali, cultural data analyst, UX designer per progetti museali, sviluppatori di percorsi interattivi. Professionisti capaci di costruire un ponte tra due mondi che oggi, più che mai, devono dialogare.


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Stelline