lunedì 3 ottobre 2011

Emma Maugueri, un'artista a tutto tondo

Emma hai molteplici interessi e ti esprimi con diverse forme d'arte, tra le quali la fotografia. Come nasce questa passione? La domanda potrei farla io a te: come e perché ci s’innamora? Nasce come nascono tutte le vere passioni: conoscenza, frequentazione, amore. Cercavo un metodo, un mezzo per catturare l’anima, gli attimi, le espressioni delle mille sfaccettature del mondo che ci circonda, qualcosa per raccontare quello che i miei occhi vedevano e vivevano. Una “fotografa di frontiera” nella jungla urbana, dove troppo spesso si vive in maniera troppo frenetica, per cogliere tutto quello che si ha intorno a noi, le bellezze del vivere quotidiano, attimo per attimo, sapendo cogliere quello che di buono ancora c’è: la bellezza del volto della persona seduta acconto a te in tram, la semplicità nel gesto di un bambino, la civiltà e l’inciviltà, un’alba o un tramonto, tutte le contraddizioni del pianeta, l’essenza insomma, tutto questo concentrato in un solo click.

Nelle tue opere fai comunque trasparire sempre delle influenze riguardanti la fotografia, pittura, scultura e decorazione. Come mescoli il tutto per trasformare questo mix in un tratto totalmente tuo?
Ricerco sempre uno stile nuovo, cerco di non fermarmi mai, avida di nuove forme di comunicazione. Cerco sempre di realizzare un’opera “in un click”, sempre nel più breve tempo possibile proprio perché la ricerca mi porta sempre voglia di realizzare qualcos’altro, di fatti i miei quadri sono tutti realizzati in tempi brevissimi, in un paio d’ore massimo. All’interno dei miei quadri, sentendomi limitata da una superficie come la tela, inserisco molte volte elementi differenti, vedi piume, fogli di giornale, e tutto ciò che mi si para davanti che possa lasciare un segno su di essa l’utilizzo come colore (matite, trucchi, terre, etc.) oltre ovviamente i normali colori (vedi le tempere, vernici, etc.) tutto può far parte di una mia opera, ritrovando in tutti questi elementi l’armonia e la spazialità che cerco/ricerco. Non vedo mai una tela come fine a se stessa, in verità in se ha una potenzialità infinita per le infinite ricerche per comunicare.

“Lego”, un tuo progetto fotografico, ti ha portato ad esporlo non solo in giro per l'Italia, ma anche in Giappone. Come quest’esperienza ti ha permesso di crescere? Quali emozioni sono emerse in quest'ultima occasione? Il progetto “Lego” nasce quasi per caso, come un vero e proprio gioco. Cercavo un modo per esprimere un concetto ben preciso: ho cercato di capire come gli occhi innocenti di un bambino possano percepire le centinaia di “bad news” che ci vengono propinate anche in orari non consoni e che effetti possano avere sulla sua immaginazione: crescerà con l’abitudine dell’orrore? Da questo pensiero nasce una ricerca durata quasi un anno sulle notizie apprese attraverso il web, cercando poi di racchiuderle in uno scatto, dove gli unici soggetti erano appunto i lego che descrivono l’ipotetica scena/accaduto: si capisce bene perché la mia scelta è caduta proprio su questi elementi, in loro si rispecchiano generazioni e generazioni. Ho avuto l’immensa fortuna d’aver avuto l’opportunità di portare questo progetto fino alla terra del Sol Levante. Quest’esperienza m’ha fatto crescere non solo artisticamente, ma soprattutto spiritualmente: essermi recata li ed aver conosciuto quella cultura ha lasciato in me un enorme solco. I loro templi, la loro religione… ho respirato realmente cosa vuol dire progresso ma non dimenticandosi mai le solide radici culturali e spirituali, connubio tanto raro da riuscir a trovare in qualunque altro luogo sulla terra. Tanto profondo è stato l’incontro con questa fantastica civiltà che anche il mio cammino spirituale è cambiato radicalmente: la pace interiore e l’equilibrio che si può raggiungere in armonia col resto degli elementi che ti circondano li è possibile. Non esiste li la delinquenza e il non rispetto del prossimo, non esistono tutti i valori sbagliati sui quali affondano le radici la nostra società e la cultura moderna, tante cose a cui noi oggi siamo abituati e che ormai non ci procurano il disgusto. Spero presto di potervi ritornare per approfondire il mio personale cammino spirituale e prendere ancora ispirazione dai quei luoghi.

Qual è il colore che spesso predomina nelle tue opere?
Premetto che, non per andare a scomodare uno che per me è uno dei maggiori maestri e non cerco certo il confronto, non potrei…ma un Picasso…definitemi il suo colore. Lui non aveva un colore, lui aveva dei periodi. Per me il discorso è simile, in base al mio umore, al periodo che affronto, “cambio colore”.

Quale artista del passato ti colpisce e ti somiglia?
Non la definirei una somiglianza con un’artista, ma forse con correnti artistiche: l’irriverenza dei futuristi, la sperimentazione degli avanguardisti, la poliedricità degli artisti spagnoli dell’ultimo secolo. Preferisco non essere collocata in nessuna categoria o assimilata a qualche artista del passato: odio la categorizzazione e l’imprigionamento all’interno di una qualche categoria, mi sentirei oppressa e non mi sentirei definita. La mia non vuole essere supponenza, ammiro chi prima di me ha fatto la storia, e di fatti io stessa preferisco non essere definita artista ma “artistoide”, gli artisti quelli veri sono altri. Sicuramente gli artisti che ammiro, oltre ovviamente i grandi come Da Vinci ecc, sono Picasso e Kandinsky: m’affascina il loro percorso e il loro esser riusciti a creare un nuovo linguaggio.

Qual è lo scenario artistico italiano che respira Emma? L'Italia è ancora la culla dell'arte, così come lo è stata in passato?
Lo scenario artistico? Viziato e opulento. L’arte, quella vera, rinnega il circuiti tradizionali, è underground, rifiuta tutti i circuiti tradizionali che hanno fatto ristagnare quella che un tempo era la culla dell’arte. Se la meritocrazia ormai è solo una chimera nel mondo lavorativo, provate ad immaginarla nel mondo artistico, ambiente malsano fatto solo di marchette e marchettari. In tempi non sospetti il grande Franco Battiato cantava “mandiamoli in pensione i direttori artistici, gli addetti alla cultura”: dall’epoca i tempi non solo migliorati, anzi. Preferisco nel mio piccolo il contesto indipendente, dove ancora si può far arte liberamente senza dover sottostare al gioco del dio denaro e ai mercenari che al giorno d’oggi si ostinano ancora a chiamare “grandi artisti contemporanei”.

Progetti imminenti?
I progetti sono tanti. Continua è la mia ricerca e lo spostarmi da una forma d’arte all’altra. Con la fotografia sto affrontando un discorso simbiotico da un anno circa, con un pittore che traduce le mie opere fotografiche in dipinti, ovviamente attraverso la sua libera interpretazione: tutto questo si trasformerà presto, spero, in una mostra itinerante, in location diverse dalle consuete gallerie. Inoltre ho intrapreso da pochissimo anche la strada scenografica cinematografica, discorso bene o male già affrontato da me con piccole cose teatrali. Tento questa che per me è un’avventura tutta nuova che mi dà la possibilità di riunire in un unico mestiere tutto quello che ho appreso dall’arte in tutti questi anni di sperimentazione e di studio. Spero mi possa andar bene… sono molto fiduciosa.

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Stelline