HOT ONES
ITALIA
Il 28 marzo in esclusiva su RaiPlay
il nuovo episodio dello show con domande in “salsa piccante”
Condotto da Alessandro Cattelan
Ospite della prossima puntata
Lele Adani
“Ronaldo è al primo posto tra i campioni.
Messi è il sinistro migliore del mondo e io probabilmente oggi avrei fatto più partite in Nazionale”.
Prima il calcio, poi rompe gli argini della telecronaca, si diverte con i video giochi e scrive canzoni rap.
Lele Adani, ex calciatore e opinionista sportivo, è l’ospite della prossima puntata di “Hot Ones”, il programma condotto da Alessandro Cattelan, in esclusiva su RaiPlay da venerdì 28 marzo.
In ogni puntata, Cattelan e i suoi ospiti mangiano alette di
pollo condite con salse progressivamente sempre più “hot” che aiutano ad
abbattere ogni ritrosia e diffidenza, con reazioni spesso divertenti e
sempre imprevedibili.
Una carriera iniziata quando sul campo c’erano grandi nomi del
calcio. Oggi i calciatori di quella generazione avrebbero avuto una
carriera ancora più forte?
«Negli anni novanta l’Italia aveva i migliori giocatori e anche
quelli italiani erano molto forti. Attaccanti e difensori erano
fortissimi. In Nazionale sono stato convocato dal 2000 al 2004 e c’erano
Maldini, Cannavaro, Nesta, Materazzi, Panucci. Nel
mio periodo stavano a casa addirittura Costacurta e Ferrara, ancora
titolari di Milan e Juventus. Probabilmente oggi avrei fatto più partite
in Nazionale. Ronaldo resta però tra gli attaccanti più forti che ho
conosciuto. Quando sono arrivato all’Inter lui
era in trattativa con il Real Madrid; non è un rimpianto non averci
giocato in squadra perché anche aver giocato contro ed essermi misurato
con lui, come con altri campioni, resta comunque un grande ricordo.
Custodisco con gelosia la prima maglia di Ronaldo
della partita Inter-Brescia. Io ero nel Brescia, l’ho marcato. Ha fatto
il suo esordio con 70 mila spettatori a San Siro. Ci scambiammo la
maglia alla fine del primo tempo, la maglia con il numero 10!»
Su quali siano stati gli allenatori fondamentali per la sua carriera aggiunge:
«Ci sono diverse tipologie di allenatori! Un maestro è stato
Mircea Lucescu che ho avuto al Brescia e che mi ha insegnato una cosa
fondamentale e ancora attuale: il calciatore non solo deve marcare ma si
deve staccare per giocare. Silvio Baldini più
di tutti prestava attenzione ai valori, alla dignità, alla crescita
umana. E’ un fratello per me! E’ lui che ha dato un calcio in culo a Di
Carlo, e quando quest’anno dopo tanto tempo si sono ritrovati per
Pescara-Ascoli e si sono abbracciati. L’allenatore
che mi ha insegnato la tattica è invece Sergio Buso, che adesso non c’è
più, ma anche Roberto Mancini che poi è diventato un amico. Poi ne ho
avuti tanti altri con cui non ho legato troppo perché non avevano molto
interesse a valutare anche il rapporto umano,
soddisfare la mia curiosità e la voglia di capire che, peraltro, mi
servono oggi nella carriera che sto facendo. Ricordo a proposito Gigi
Cagni che credo fosse infastidito da chi era curioso e voleva chiedere.
Io volevo imparare per questo ero curioso. Poi
Zeman che è stato un terrore, non per la sua rettitudine o metodologia,
ma per l’allenamento che faceva fare».
Dal calcio alla comunicazione e l’ossessione per il gioco sudamericano: «Sono
stato opinionista e commentatore al mondiale in Quatar. Quando sono
arrivato in Rai non immaginavo che l’Italia a quei mondiali non ci
sarebbe stata, perché perse a Palermo
con la Macedonia. Questo fatto aprì un ventaglio di situazioni
impensabili. L’Argentina è stato il canto del cigno di Messi che ha
rischiato di andare fuori dopo la prima partita persa con l’Arabia
Saudita, che però io non ho commentato. E’ iniziato invece
per me l’amore per questa squadra e per i suoi giocatori, il Mondiale
del 2014, la coppa America con il Cile... indimenticabili le delusioni
di Messi che però a 35 anni ha poi iniziato un percorso magnifico. Mi
sono sentito fortunato e onorato ad averlo
accompagnato. E’ il sinistro migliore del mondo!».
Prima “Bobo Tv” poi “Viva el Futbol”, un’alternativa reale al modo di raccontare il calcio: «Una
bella esperienza! Il podcast è nato partendo dall’amicizia e ha
permesso, in un momento drammatico per il Paese, chiuso in lockdown
contro
il Covid, di creare interazione con chi era a casa; la gente ha trovato
un po’ di sollievo e compagnia. Credo che la comunicazione sia un
momento di condivisione con le persone. L’esperienza è nata, cresciuta,
si è evoluta poi è caduta. Ed è caduta anche un’amicizia.
Non si vorrebbero mai vivere certi momenti ma a volte uno è obbligato
ad accettarli. Io non avrei mai interrotto, neanche sotto tortura, quel
percorso ma sono stato costretto. Sono ripartito ora con “Viva el
Futbol” e da una cosa triste è nata una benedizione
perché adesso c’è una struttura più seria e compatta e noi tre siamo
molto carichi».
E come si gestisce Antonio Cassano?: «Non si gestisce!
Quello che lui dice su allenatori, giocatori, le storie che racconta …
viviamo tutto anche noi in privato. Nessuno potrà mai accusarlo di avere
due lati. Ne ha solo uno e non negozia. E’ bello
per questo anche se non sempre sono d’accordo con lui, ma pur non
cambiando sé stesso ascolta molto gli altri».
E alla domanda di come commenterebbe la partita di una squadra allenata da un suo amico andata male, rivela:
«Lo racconto comunque e se è un amico capisce che è un commento
obiettivo perché io parlo alla gente. Non sono servo di nessuno, intorno
ho amici e persone che non conosco e cerco di fare sempre il mio lavoro
in maniera onesta e corretta».
E sull’esperienza di commentatore di videogiochi dice: «E’
un’esperienza bellissima. Per una squadra, per un’altra e per un’altra
ancora hai sempre una frase ripetuta quaranta volte. Però io non riesco a
recitare, mi piace la sfida, voglio personificarle
sempre, non leggo e ci metto tutto me stesso. Mi lascio coinvolgere
come se le partite si stessero giocando realmente. La cosa più
importante in questi casi è trovare l’engagement con i ragazzi. Ho fatto
50 anni a luglio, però il rapporto che ho con i giovani
mi fa impazzire, con loro mi trovo molto bene. Sono il nostro futuro e
sono le persone che cerco di accompagnare nei prossimi anni. Fare per
loro il commento a un gioco mi gasa da matti».
Infine l’indole da rapper: «Mi piace molto! Ho fatto due cose:
la prima l’intro con Rocco Hunt per il suo album “Rivoluzione”,
quaranta secondi parlati che aprono l’album. Poi, dopo l’Europeo, ho
scritto un brano “Facciamo calcio”, dove tocco tanti
personaggi, tante figure iconiche protagoniste di miei racconti
accompagnate dal solito gesto che ormai metto sempre, e che è diventato
un tormentone!».
A “Hot Ones”, come nella versione statunitense del programma che è stato
un grande successo ed è giunto alla sua venticinquesima edizione, i
protagonisti dello show - personaggi del cinema, della Tv, dello sport,
della musica e dei social media – vengono intervistati
dal conduttore davanti a un piatto di alette di pollo (con
un’alternativa vegetariana/vegana) condite con salse progressivamente
più piccanti.
“Hot Ones” è una produzione Palomar, a Mediawan Company, in
collaborazione con Rai Contenuti Digitali e Transmediali, condotto da
Alessandro Cattelan
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Stelline