venerdì 16 settembre 2011

Fabrizio Romagnoli, una vita da attore



 Fabrizio Romagnoli inizia la carriera di attore nel 1989 recitando con le più importanti Compagnie di giro italiane. Si trasferisce in Germania, dove ha avuto modo di collaborare con artisti internazionali in cast come “Cats” e “Buddy Das Musical”. Dal 2003 rientra in Italia e prosegue la sua attività includendo nel suo percorso cinema e televisione. Fra i tanti cast a cui prende parte: “Il Generale Dalla Chiesa” per la regia di Giorgio Capitani e “Giorgione da Castelfranco, sulle tracce del genio” per la regia di Antonello Belluco. Nel 2005 in parallelo con la sua confermata carriera d’attore inizia quella di drammaturgo, di regista teatrale e di insegnante di recitazione.

Attore, autore e regista: Fabrizio Romagnoli è un poliedrico artista. Ma in quale di questi tre ruoli ti ritrovi meglio?
Tutti e tre i ruoli mi riconducono alla recitazione e questo è il mio mondo: vivo per questo! Logicamente quello dell’attore mi calza perfettamente. Però anche quando sono in veste di regista o di autore la recitazione mi guida sempre. Mi piace recitare tutto quello che scrivo mentre lo scrivo e non in scena. Non recito i miei testi a meno che non mi venga chiesto espressamente da chi richiede un mio spettacolo. Mi fa piacere essere diretto da altri registi. Come regista invece mi dà un’immensa gioia portare gli attori a dei livelli di recitazione che neanche loro avrebbero immaginato e poi mi ringraziano sempre. Come vedi il tutto a sempre a che fare con la recitazione.

Come è iniziata la tua carriera?
Così per gioco. Non volevo lasciare andare la mia ragazza da sola alla scuola di recitazione dove frequentava danza. Ora lei è uno scienziato, nel vero senso della parola, e io mi ritrovo a fare l’attore. Bella la vita, no? Ma ne sono veramente felice. Poi, cosa a me sconosciuta all’epoca, scoprii di essere un grande timidone e la scuola di recitazione mi risultò il posto ideale per esprimermi e per esorcizzare la mia emotività.
Hai poi deciso di girare il mondo, per poi tornare ad esercitar l'arte in Italia: come mai questa scelta? Dopo 5 anni all’estero vissuti felicemente e con successo, questa grande produzione mi offrì un contratto di 18 mesi a Berlino. Subito pensai che non sarei più tornato in Italia e poi invece prese il sopravvento la sfida: ma perché devo essere famoso fuori dalla mia patria? Convinto della mia idea tornai in Italia. Ora, purtroppo, ho scoperto che la parola meritocrazia in Italia esiste solo sul vocabolario… troppo tardi! Ma sono felice comunque del mio percorso attuale.

Quali differenze hai poi riscontrato tra il lavorare all'estero e in Italia?
All’estero se sei bravo, lavori! Qui sopravvivi quando il raccomandato di turno rinuncia al ruolo! All’estero i provini sono seri e la raccomandazione può fermarsi alla tipica e amata segnalazione, ma il provino poi si fa alla pari. C’è dedizione al mestiere, allo studio, al migliorarsi sempre. I rapporti sul luogo del lavoro sono diretti e alla pari e senza paura di essere eliminati: all’estero si è fra professionisti. Un non professionista all’estero può solo fare una o due esperienze se è fortunato.

Cinema, tv o teatro? Qual è il grande amore di Fabrizio?
Il mio grande amore, quello che mi conquistò l’anima fin dall’inizio, è il cinema ma torniamo sempre allo stesso punto di partenza: qui se non conosci, non esistono provini. Ho fatto tanto teatro e il teatro non ti tradisce mai se lo sai fare. Poi è subentrata la scrittura: pensa ero convinto di non sapere scrivere. Sono stati gli altri a decretare che non era vero e in primis il mo editore che mi ha pubblicato senza contributo d’autore. Lo ammetto: è una gran fortuna pubblicare un libro di atti unici in un momento in cui la gente non legge più neanche i romanzi.

Quale esperienza ricordi con maggior emozione?
La mia prima tournée teatrale, a 18 anni. 10 mesi in giro per l’Italia e la compagnia mi aveva assegnato anche la macchina di produzione... Indimenticabile! E poi Cats, come protagonista per due anni in Germania e in tedesco, ovvio. Ancora lo sogno di notte.

C'è stato un ruolo che hai deciso di non interpretare o non interpreteresti mai?
No, tutti i ruoli sono importanti sia per una crescita personale sia per il rispetto del mestiere. La cosa brutta è che ora si chieda di lavorare a gratis per le prove e ad incasso per le repliche, ma se lo chiedessero ad un elettricista, un calzolaio, un muratore, tutti mestieri rispettabilissimi, la risposta sarebbe: no! L’attore spesso si trova ad accettare. Sto lottando con tutte le mie forze affinché cambi il sistema. Più i ruoli sono differenti e più mi appassiono! Anche se chi sceglie, e purtroppo non è più il regista o l’aiuto regista, prima di farti fare un "carabiniere" vedono se ne hai fatti altri per essere sicuri che lo sai fare. Ma un semplice provino, no?

Come un attore si prepara sempre ad interpretare ruoli differenti?
Ci sono tante strade da poter seguire e ogni attore ha la sua a partire dall’istinto. Di sicuro fare riferimento al metodo Stanislavskij può aiutare molto e in alcuni casi salvare. Il metodo Strasberg di certo è ottimo. Mi piace molto come fanno gli americani che si trasformano e ogni volta sembrano diversi, infatti il mio showreel è così e sono stato fortunato a poterlo fare nei lavori che ho svolto. Credo che per interpretare bene un ruolo bisogna studiarsi e studiarlo molto, ore e giorni, sperando di trovare dei puro sangue sul set.

Ne “La Valigetta”, corto che ha ricevuto numerosi premi (EurAsia Shorts 2011 – Washington Dc (USA), Creativi per Costituzione, Videofestival Fransceco Pasinetti – Venezia, EfeboFilmFestival – Sicilia (Castelvetran), Algidus Art Film Festival) qual è il tuo ruolo? Raccontaci di questo corto che ha avuto un così tanto successo.
Ne “ La valigetta” sono il protagonista, interpreto il padre. Il corto ha come spunto di partenza l’articolo 4 della nostra costituzione. Il figlio vede suo padre sempre vestito bene e con una valigetta e pensa che suo padre sia importante perché vestito così fa un lavoro importante. In realtà è un disoccupato che tutti i giorni va in cerca di lavoro e non ottiene nulla. Il regista Sebastiano Melloni e la produzione CameoLab hanno osato e sono stati ricompensati: ammettere la realtà dei fatti non è sempre semplice quando si usa una cassa di risonanza come il cinema, perchè a volte si dà fastidio. “La valigetta” ha fatto riflettere chiunque l’abbia visto perché, in realtà, è una poesia amara e tagliente di 2 minuti e 30 secondi. Ha vinto tanti premi e sta continuando a vincerli.

Progetti futuri?
Dal 10 luglio fino alla fine del mese, ogni domenica, vanno in scena a Villa Celimontana (Roma) i miei spettacoli per bambini che ho anche diretto e sono interpretati da bravissimi colleghi attori. L’8 agosto, sempre a Villa Celimontana (Roma) andrò in scena io con “Canta che ti passa!” Uno spettacolo (musical) comico demenziale sul mondo dello spettacolo. Il 28 luglio ci sarà la presentazione del mio libro “Teatro contemporaneo” nel mio paese nativo: Tolentino (Mc). E poi… per scaramanzia… si vedrà! Grazie Sara per avermi ascoltato e un saluto a tutti i lettori!

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Stelline