Daniele Petrucci è una delle promesse della boxe italiana. Dopo svariati match vinti, Daniele sfida Leonard Buntu, il 25 Giugno al Foro Italico di Roma, per il titolo Europeo dei pesi Welter.
Info: www.petruccivsbundu.com
Dalla periferia ai grandi ring internazionali: un esempio per tutti i ragazzi a lottare per i propri sogni, per le proprie passioni. Le stesse che possono portarli lontano. Proprio come è accaduto a te. Quanto la boxe, con la sua ferrea disciplina ti ha permesso di realizzarti?
“Beh, molto: da quando ho messo piede in palestra, ho imparato tante cose. Dalla disciplina al rispetto. Il rispetto è molto importante in questo sport, che prevale anche al di fuori del ring. Il rispetto è tutto.
Questo sport è particolare: lo devi amare con tutto te stesso. Non è come fare il calciatore, dove girano milioni di euro. Non sono i soldi che spingono i ragazzi a salire sul ring: quando sei su, sai che puoi contare solo sulle tue forze, sulla tua energia e passione.”
Beh, se prendi un pugno in pieno viso lo senti, nel calcio non c'è così tanto contatto fisico.
“Si certo, anche se a lungo andare ci si abitua. I pugni li senti, ma sono ormai vent'anni che pratico”.
C'è stato un momento in cui hai pensato per un istante di mollare tutto e cosa invece ti ha permesso di continuare?
“E' una domanda che dovresti fare al mio maestro -Carlo Maggi- ma tanto ti darà la mia stessa risposta. Ero agli inizi e dopo quattro-cinque incontri persi di seguito, avevo perso fiducia, pensavo non fosse uno sport adatto a me. Non volevo più proseguire. Poi Carlo è venuto a cercarmi e mi ha detto che se fossi salito sul ring per vincere, sarei andato avanti, altrimenti avrei anche potuto non andare più alla sua palestra. Mi ha “costretto” a ricredermi, mi ha trascinato in palestra, perchè credeva nelle mie potenzialità e talento.”
Segue Carlo Maggi: “Daniele aveva iniziato all'età di 11 anni circa. Era un giocherellone, non pensava seriamente al pugilato. Della serie è bravo, ma non si applica. Non gli interessava vincere, anche se aveva tutte le potenzialità per farlo. Quando ci furono i campionati, perse diversi combattimenti, tutti consecutivi e si sfiduciò. Per un mese non venne in palestra ad allenarsi, così andai a recuperarlo a casa. Gli dissi che se fosse salito sul ring per vincere, non avrebbe più perso un incontro. E così è stato. Ha iniziato poi a fare svariati tornei e non ha perso più.”
Quali sono i consigli che daresti ai giovani che magari vivono situazioni di disagio, come può accadere nelle periferie delle grandi metropoli?
“Frequentare una palestra, dei centri culturali: basta stare un po' fuori dai guai, dalla droga.”
In alcuni quartieri è un po' difficile, non ci sono molte alternative, ma -prosegue Daniele- “basta metterci buona volontà. So cosa significa vivere nelle periferie, sono molto affezionato al mio quartiere: ci sono cresciuto, ho molti amici, mi ci trovo bene. Sono comunque riuscito a tenermi fuori dai guai grazie alla mia passione per la boxe, la stessa che poi mi ha permesso di intraprendere questa carriera. Sono certo che ogni ragazzo può trovare la sua “via d'uscita” e coltivare il suo mondo, al di là del posto dove vive.”
Il grande pugilato di ritorno a Roma, vede di nuovo illuminarsi attraverso i tuoi match: che emozioni provi quando sali sul ring nella Capitale?
“Qui a Roma è iniziata la mia carriera professionistica: oltre ad una grande emozione, sento una grandissima responsabilità. Sento gli occhi di tutti puntati addosso. Quando sai che sei sul ring, nella tua città, sai che non puoi permetterti di sbagliare, che sei tu a rappresentare la tua città e tutti coloro che vengono a vederti e tifano per te. In questo sport poi, se sbagli una volta...” - ti segna? - “Si: un giorno sei in alto, ma se sbagli... beh, ben presto si dimenticheranno di te”.
A volte capita che nello sport, come nella vita, qualcuno si perda e si lasci abbindolare con dannose “ricette magiche” per combattere stanchezza e depressione. Quanto invece lo sport pulito e salutare aiuta a migliorare il corpo e la mente?
“Fortunatamente non mi sono mai servite e le sconsiglio vivamente. In alcuni sport, spesso capita che alcuni per combattere la stanchezza e migliorare le proprie prestazioni, assumano sostante illecite. Ma ciò non fa bene allo sport, ma soprattutto alla loro salute. Tanti si sono poi ammalati e peggio ancora, sono morti. E' inutile doparsi: tanto poi lo vengono a sapere e ti tolgono anche il gusto della vittoria. Una vittoria senza sudore, non ha senso. La vittoria è frutto di allenamento, sacrifici e sudore. Solo questo rende campioni.”
Quanto ti alleni per raggiungere i tuoi obiettivi?
“Due volte al giorno: mattina e sera. Poi dipende sempre dal programma stabilito dal maestro”.
Quando poi si avvicina un match importante, come quello del 25 Giugno, l'allenamento si intensifica.
Interviene Carlo Maggi: "Io lo vedo vincitore. In questo periodo si è allenato moltissimo. So quanti sacrifici ha fatto Daniele per la preparazione di questo incontro. Bundu è molto bravo, ma Daniele è un passo in avanti. Daniele poi, quando incontra i grandi campioni -come Cruz, Miranda- esce fuori il vero spirito di Daniele."
Qual è la cosa che più ti lega a Roma, la città dove sei nato?
“Un po' tutto. Roma è Roma.”
Tra i grandi pugili del passato, con chi vorresti boxare o non vorresti boxare?
“Un pugile del passato che mi è sempre piaciuto è Jesús Chávez, il messicano. Se fossi vissuto ai suoi anni d'oro, mi sarebbe piaciuto battermi con lui.”
Mentre con chi non vorresti boxare?
“Beh, a volte sei “costretto” a combattere, anche con chi non vorresti”.
Spiegami, come funziona il meccanismo?
“E' molto facile: se vinci un titolo, puoi fare una difesa volontaria e lo sfidante lo sceglie la sigla del titolo che hai vinto.
Dove vuole arrivare Daniele Petrucci?
“Vorrei arrivare al mondiale. Dopo tanti anni di sacrifici. Intanto, pensiamo all'incontro del 25 Giugno.”
Dopo il 25, cosa succede?
Interviene Carlo Maggi: "Daniele, in caso di vittoria, difenderà il titolo europeo per aprire le porte al mondiale. Speriamo di andare in America per un mondiale."
Due chiacchiere con il maestro di Daniele, Carlo Maggi: Carlo, raccontaci la tua carriera sportiva.
“La mia carriera sportiva non è stata molto lunga purtroppo. Gli addetti ai lavori mi avevano detto che sarei potuto essere una promessa romana. Ho iniziato bene, poi ho dovuto smettere per cinque anni per svariati problemi. Ho ripreso poi a combattere, ho disputato qualche match importante da dilettante, dopo di che sono passato tra le fila dei professionisti.
La vita ha poi preso il suo naturale corso: mi sono sposato, ho avuto una figlia e bisognava mantenere la famiglia. Ieri non era come oggi: c'era più fame, non avevo un lavoro -a parte il pugilato- e non riuscivo così a mantenere la famiglia. Per questo motivo ho poi dovuto abbandonare la carriera da pugile.”
E' stato un rimpianto per te?
“Si, anche se poi non sono più uscito dal pugilato in senso lato. Ho sempre frequentato l'ambiente pugilistico, in palestra, insegnato poi ai ragazzi l'arte della boxe.”
Comunque poi hai avuto delle soddisfazioni, perchè sei riuscito a tirare fuori dei campioni, proprio come Daniele Petrucci.
“Si, con la mia testardaggine ed il mio voler esser vincente in tutto, ho messo in piedi la prima palestra. I miei ragazzi, quelli che frequentano la mia palestra, sono seri ed educati. Con l'allenamento che ho ideato per loro, mi ritengo fortunato ad aver tirato fuori tanti campioncini”.
Di questo sono molto contenta, perchè insegnare anche l'educazione, al di fuori della boxe, non può che farti onore.
“L'educazione è alla base: nella mia palestra, i sbruffoni, i “bulletti” non esistono.”
Come hai messo su la prima palestra?
“Avevo aperto una palestra nel quartiere di San Basilio, in uno scantinato piccolissimo, ma comunque funzionante. Ho sistemato tutto, insieme all'aiuto dei ragazzi: dai soffitti, ai pavimento, comprensivo di docce. Dopo 11 anni di attività -e 9 campioni d'Italia venuti fuori- sono arrivati i vigili e ci hanno comunicato il nostro abusivismo”.
Nessuno ti ha poi aiutato a trovare un posto migliore, anche per via dei riconoscimenti ricevuti?
“Tutto il quartiere mi ha aiutato. Abbiamo fatto delle dimostrazioni pubbliche nel quartiere, abbiamo fatto conoscere la nostra realtà. Sono intervenuti i politici di allora e per sportivi meriti ci hanno indicato una palestra, dove siamo tutt'ora. Era tutta da sistemare, ma piano piano l'ho tirata su: e qui continua il nostro sogno, il sogno di tutti i pugili.”
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Stelline